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Un’intuizione mattutina

Qualche mattina fa stavo facendo la mia solita pratica di meditazione, quando, ad un certo punto, nel bel mezzo della scansione del mio corpo, quando lentamente ripercorrevo ogni parte di me, dalla testa fino ai piedi, scendendo con dolcezza, un pensiero mi attraversò la mente. Più che una riflessione, potrei dire che fu un’immagine: io che affondavo i piedi nella sabbia, con le braccia tese verso l’alto.

Riportai la mente al respiro, terminai la pratica e poi, nella fase successiva, durante la mia scrittura quotidiana, ritornai a quella che mi era apparsa come un’intuizione alla quale era importante concedere del tempo.

Noi siamo il tempo che ci dedichiamo, come affermai in una diretta qualche giorno fa e, soprattutto, siamo l’atteggiamento con il quale ci rivolgiamo a noi stessi durante le nostre giornate.

Con i piedi ancorati nella sabbia e le braccia verso l’alto, quell’immagine che mi aveva distratta dalla mia meditazione, mi stava ricordando l’importanza di essere connessa e radicata alla terra, ma anche tendente verso il cielo. Io sono al centro tra due mondi. Io sono al centro tra due realtà. Io sono al centro e questo mi dà il privilegio di poter osservare me stessa e quello che mi circonda. Sopra e sotto di me.

Nonostante siamo tutti costantemente alla ricerca di certezze, di stabilità… siamo tutti in continuo mutamento. In viaggio. In tensione. Vivere su questa terra vuol dire accogliere la polarità e presenza, fuori e dentro di noi, delle contraddizioni che ci abitano, che ci caratterizzano e che incontriamo costantemente.

È interessante notare e sottolineare di come, in realtà, nonostante il cambiamento sia naturale, come la tensione continua che avvertiamo, tutti diamo a queste parole una valenza negativa.

Se c’è cambiamento ci dev’essere necessariamente una perdita, un distacco, una rinuncia, una delusione, una sofferenza. Se c’è tensione ci dev’essere per forza del dolore.

Ma se vivessimo invece, come per magia, senza alcuna trasformazione, in continua stasi, come staremmo? Se non ci fossero dei diversi aspetti da percepire, mediare, considerare… come sarebbero le nostre giornate?

Affermava Carl Gustav Jung:

“Ciò che neghi ti sottomette, ciò che accetti ti trasforma”.

Esatto. Siamo vasi comunicanti tra il nostro dentro e il nostro fuori. Siamo esseri speciali, unici nella nostra individualità, ma perennemente in lotta con noi stessi e con ciò che ci circonda per essere amati e accettati. Facciamo fatica ad abbracciare le nostre caratteristiche, molte le consideriamo come dei difetti. Perennemente viviamo con i piedi nella terra, la testa tra le nuvole e ci rimproveriamo di essere o troppo pesanti o troppo superficiali. Il nostro baricentro lo evitiamo, come se non fosse per noi importante… o peggio, come se non esistesse affatto. Eppure…

Siamo individui complessi. Abbiamo un corpo, una mente, uno spirito e delle emozioni. Fin dalla nascita siamo chiamati a trovare un equilibrio tra le nostre diverse dimensioni e, fin dalla nascita, in un certo qual modo, l’ambiente ci invia dei messaggi su chi siamo e chi dovremmo essere. Sulla base di questi segnali, adeguiamo la nostra strategia di sopravvivenza, l’immagine che vorremmo portare nel mondo e passiamo una vita a sposare posizioni, spesso anche piuttosto totalitarie, per cercare di essere amati. Dimenticando un aspetto fondamentale, che è la nostra natura “viva” e dunque “in movimento”, affannosamente cerchiamo di mantenere salde delle posizioni piuttosto estreme, perché solo così ci sembra di essere veramente coerenti con la nostra essenza.

Ma il segreto non è restare fermi e saldi, ma piuttosto vivere e saperlo fare, in una realtà fluttuante, imparando a galleggiare, a nuotare e, di tanto in tanto, a saper andare in profondità, per poi risalire.

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