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Sovrappeso

Sovrappeso, una parola che ha insito in sé il suo significato. Sovra-peso, un peso che va “oltre”, oltre quello che è stato definito come “normopeso”, il giusto.

Tutti noi portiamo dei pesi. Alcuni simbolici, altri emotivi… alcuni fisici. Molti di noi sono abituati a portare con sé, ogni giorno, molti più “pesi” di quelli che spetterebbero loro, molte più zavorre di quelle che la loro costituzione è in grado di reggere… Ci si carica di responsabilità, di doveri, di sensi di colpa… e si finisce con il far sì che da “emotivi”, certi pesi si trasformino in fisici.

Il corpo e la mente, da sempre profondamente connessi, sovente dialogano tra loro in modo silente, sotto la nostra soglia cosciente… e così, quando meno ce ne accorgiamo, riversiamo nel quotidiano, lì dove possiamo, lì dove ce la sentiamo, quell’eccesso. L’eccesso di frustrazione, di emozioni represse, di impotenza, di rabbia, di parole amare ingoiate per buon costume, per educazione.

Spesso il sovrappeso, quello fisico, quello che la bilancia esprime in numeri al mattino, quando la consultiamo, è il risultato di una complessa rete di situazioni, di relazioni, di emozioni… che, in modo non più armonico, suonano una musica che ci distrae, fino a farci perdere di vista le nostre priorità. E’ un canto di sirene, sottile e costante che crea confusione e ci indica una strada diversa da quella del nostro benessere. In molti lo giustificano, il sovrappeso, dando al proprio corpo la responsabilità di non essere in grado di assorbire correttamente il cibo che mangiamo… come se il corpo, “proprio”, fosse in realtà qualcosa di “altro” rispetto a noi… un organismo a sé stante che vive al di là del nostro volere e, soprattutto del nostro sentire.

Nonostante le malattie di questo momento storico, particolarmente gravi da combattere siano il cancro, l’ipertensione, le malattie cardiovascolari… pensate un po’, tra le prime cause di morte troviamo la depressione e l’obesità. Un carico emotivo e un carico materiale. Entrambi non gestiti.

Non sarà certo un caso che ci sia una stretta correlazione tra l’obesità e la depressione, tra coloro che soffrono di una relazione difficile con la tavola e un difficoltoso dialogo con la loro parte emotiva.

Eppure… siamo sempre più attenti a cercare qualcuno che ci controlli. Che ci dica cosa sia giusto o non giusto fare, cosa sia importante, fondamentale… fare o non fare nella nostra vita. Desideriamo l’autonomia e facciamo di tutto per perderla.

In maniera globale, su più piani, in più ambiti, siamo ormai tutti desiderosi di trovare La soluzione, La persona, Il rimedio… che ci sappiano “aggiustare”, “sistemare”: il corpo che non smaltisce, il cuore che non digerisce, lo stomaco che brucia, l’intestino che non si libera.

Tutto è diventato oggetto delle nostre attenzioni. Tutto è diventato, tranne noi, più capace e responsabile. Più bravo. Più efficace.

Ma se invece non fosse così? …e se invece di delegare continuamente, incolparci continuamente, cercare responsabili e colpevoli, non provassimo per un istante, uno soltanto, il tempo di questa lettura, di un respiro, di una riflessione… a pensare che forse un po’ di quella responsabilità potremmo prendercela… e con lei anche il merito di poter essere noi stessi dei bravi a prenderci cura di noi. Se per un istante provassimo a pensare che, la strada non è quella della delega, ma quella della riappropriazione di un potere, quello personale, di poter sentire ciò che ci fa stare bene, quello che è in eccesso, quello che ci fa stare male. Cosa potrebbe accadere?

Scrivimi se ti va le tue riflessioni in merito a questo articolo. Cosa ti suscita? Quali emozioni, quali considerazioni solleva?

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